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I sali d’argento servivano allo sviluppo delle lastre realizzate dai professionisti che insegnarono a Tina Modotti la tecnica della fotografia. Nata a Udine nel 1896, Tina seguì con la sua famiglia le peregrinazioni del padre, in cerca di lavoro, tra Europa e America. Giuseppe Modotti fu dunque il primo a raggiungere San Francisco, proprio un anno prima dell’evento del tragico terremoto che distrusse quasi l’intera città. Tina trascorse la sua infanzia a lavorare in filanda, divenendo, in assenza del padre, il principale sostegno economico della numerosa famiglia. Nel 1913 riuscì a raggiungere San Francisco. Si aprirono così le porte di esperienze nuovissime, quali l’attività di attrice teatrale e poi nel nascente mondo del cinema.Quando si rese indipendente, diventando una fotografa professionista, approdò con Edward Weston nella fucina culturale e artistica del Messico rivoluzionario degli anni venti, dove conobbe Diego Rivera, Frida Kahlo e il suo vero amore, l’esule cubano Julio Antonio Mella. Addentratasi nell’attività politica, rimase presa in un vortice di eventi drammatici che la videro finire, esule, dapprima in Germania e poi nella Russia stalinista. Ormai militante nell’organizzazione del Soccorso Rosso Internazionale, si trovò quindi impegnata a fianco delle milizie repubblicane nella Guerra Civile Spagnola. Benchè importanti fotografi come Gerda Taro e Robert Capa la esortassero a riprendere la macchina fotografica per realizzare reportages di denuncia sociale, lei preferì dedicarsi con tutte le sue forze al soccorso delle vittime della guerra civile, fino agli ultimi e più tragici istanti del conflitto. L’enorme sforzo fisico, la delusione e la disperazione per la sconfitta delle forze repubblicane a vantaggio del franchismo, del fascismo e del nazismo, la portarono ad abbandonare nuovamente l’Europa per tornare in Messico, esausta e debilitata, a concludere la sua vita nell’ombra di quel paese, mentre il mondo si preparava alla follia di una nuova guerra totale.Una vita, quella di Tina Modotti, che è stata analizzata in varie biografie, le quali talvolta si fermano ai limiti della leggenda nella quale sembra essersi avviata. Talora li oltrepassano, per rappresentare una figura estrema ed estremista, la cui dedizione ad una causa politica ne condizionava completamente l’esistenza, trasformandola in una sorta di suora laica oppure all’opposto, in una spia che perseguiva fini occulti. L’autore ha scelto di narrare la sua storia nella dimensione del romanzo, proprio con l’intento di restituirle – su questo terreno - quell’umanità che la storiografia, tanto quella imparziale che quella di parte, ha spesso alterato o negato. Questa è, innanzitutto, la storia di una donna.

 

Pubblicato a dicembre 2014 da Rayuela Editrice Milano. € 18,00

«La Rayuela (Il gioco del mondo) si gioca con un sassolino che bisogna spingere con la punta della scarpa. Ingredienti: un marciapiedi, un sassolino e un bel disegno fatto col gessetto, preferibilmente a colori. In alto sta il cielo, sotto sta la terra, è molto difficile arrivare con il sassolino al cielo, quasi sempre si fanno male i calcoli e il sassolino esce dal disegno. Poco a poco, nonostante tutto, si  comincia ad acquisire la necessaria abilità per salvare le diverse caselle, (Rayuela chiocciola, Rayuela rettangolare, Rayuela fantasia, poco usata) e un giorno si impara a uscire dalla terra e a far risalire il sassolino fino al cielo, fino ad entrare nel cielo (...), il brutto è che proprio a quel punto, quando quasi nessuno ha ancora imparato a far risalire il sassolino fino al cielo, finisce di colpo l'infanzia e si casca nei romanzi, nell'angoscia da due soldi, nella speculazione di un altro cielo al quale bisogna comunque imparare ad arrivare. E siccome si è usciti dall'infanzia... ci si dimentica che per arrivare al cielo si ha bisogno di questi ingredienti, un sassolino e la punta di una scarpa».
 
  Julio Cortázar

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